martedì 8 febbraio 2011

Patologia o differenziazione individuale?


(tratto da http://blog.libero.it/prodom/3524856.html)

Come medico mi trovo spesso a scambiare opinioni con psicologi clinici. Molti di essi mi hanno riferito che quando parliamo o scriviamo è necessario porre molta attenzione in quel che diciamo e, soprattutto, in come lo diciamo poiché, per molte persone, l’opinione del medico ha sostituito per importanza la religione per la sua capacità di influenzare le opinioni in campo sociale e gli stessi comportamenti.

Effettivamente, come la religione, la professione medica (e la psicologia in particolare) ha dato conforto e fornito una guida a molta gente...e, di converso, danneggiato altre persone. Anzi, proprio la psichiatria/psicoterapia, negli ultimi centotrent’anni di esistenza come branca della scienza medica, ha contribuito all’oppressione di donne, persone di colore, gay ed altri etichettandoli come esseri psicologicamente inferiori (nel caso delle donne e delle persone di coloro, per esempio) o mentalmente patologiche, come nel caso dei gay e di altre minoranze sessuali.

L’effetto della “patologizzazione” di certi gruppi è stato molto profondo. Teorie sull’inferiorità delle donne sono state usate per giustificare la loro esclusione dalle leadership in campo politico e finanziario; teorie sull’inferiorità delle persone di colore sono state usate per giustificare scelte politiche di chiaro stampo razzista.

Nell’area della sessualità, la psicologia è stata particolarmente “cattiva” ed ha giustificato dei trattamenti estremamente brutali verso coloro che sono stati cosiderati “sessualmente devianti”. Attraverso tutta la prima metà del ventesimo secolo le ragazze che avevano un “eccessivo desiderio sessuale” (per esempio coloro che si masturbavano regolarmente) erano considerate anormali ed in molti casi sono state soggette a clitoridectomia; fino al 1970 la gente gay poteva essere internata in strutture per la cura delle malattie mentali da parte dei loro genitori; ed anche oggi terapie come ‘elettroshock e la “castrazione chimica” sono considerate interventi psichiatricamente accettabili per le parafilie sessuali...tra le quali includiamo il feticismo, il masochismo sessuale, il sadismo sessuale, il feticismo trans ed altre pratiche vicine e care a coloro che hanno le mie stesse preferenze in fatto di vita privata.

Perchè la psicologia ritiene giusto e doveroso interferire in quello che è un comportamento sessuale consensuale negli adulti? Perchè etichetta ancora un simile comportamento come “malato”?

L’antropologista urbano e membro fondatore della LSM, Dott. Gayle Rubin ha descritto il modo in cui la società vede il sesso classificando i comportamenti sessuali o come appartenenti alla cerchia dei comportamenti “sexually charmed” o come comportamenti “al di fuori dei limiti”.

Fondamentalmente, alla società piace la stabilità e quindi il sesso deve essere convenzionale, possibilmente all’interno del matrimonio, monogamo, privato, non mercenario, procreativo e “vanilla”.

Alcuni amanti del BDsM, come posso essere io, violano anche tutte queste prescrizioni in un colpo solo! Se a questo aggiungiamo che, magari, appartengono ance a minoranze sociali (donne) o etniche (extracomunitari) allora il gioco è fatto e non è impresa da poco riuscire ad essere accettati anche all’interno della stessa comunità BDsM.

Secondo Rubin la società esprime il suo peggio quando, soprattutto nascosta dall’anonimato e dall’impunità che un monitor garantisce, tenta di “eradicare” o addirittura sopprimere coloro che rappresentano un comportamento che per i componenti di questa società è “fuori dai limiti”.

I metodi impiegati sono molti inclusa la disapprovazione con scusanti religiose o sociali, l’applicazione deviata di leggi o regolamenti che sono in realtà solo discriminazioni razziali...e la classificazione di persone o comportamenti come “malati” senza nemmeno definire prima cosa sia da considerare “sano”.

Consideriamo però più strettamente l’approccio psichiatrico: effettivamente le teorie sono cambiate. Ora la masturbazione è accettata, le donne possono avere pulsioni sessuali e, da pochi anni, anche l’omosessualità non è più una malattia mentale.

La domanda che viene naturale porsi in conseguenza di questo è la seguente: perché la psichiatria continua a patologizzare il BDsM e mantiene il suo contributo ad ammantare di vergogna, segretezza, isolamento (e conseguente perdita di autostima) la comunità BDsM?

Più concretamente essa giustifica: leggi che criminalizzano il comportamento BDsM, decisioni legali che negano la custodia legale di minori a persone appartenenti al BDsM, discriminazioni in materia lavorativa e sociale e tanto altro ancora. Ecco perchè ritengo fondamentale affrontare questo problema con forza e decisione. Dopo una intera vita di lotte, la comunità omosessuale, è riuscita a far declassificare la propria condizione dalle patologie. Lungo sarà ancora il cammino perchè la società accetti questa realtà ma, questa, è un’altra storia. Quanto i vorrà prima che anche la comunità BDsM riesca ad ottenere un trattamento similare?

Personalmente io non mi nascondo e tutti coloro che mi conoscono sanno delle mie abitudini in questo campo. Solo dopo una serie di minacce spiacevolmente serie ho dovuto oscurare il mio volto dalle foto che ho pubblicato e cambiare la provincia indicata nel mio profilo. Negli ultimi tempi ho speso un monte di ore parlando e confrontandomi con uno dei fondatori e direttore dell’IPG Counselling Institute for Personal Growth nel New Jersey/New York psychotherapy center. Questa persona da 19 anni lavora con due dozzine di terapisti che hanno a che fare con le minoranze sessuali.

In questo modo ho avuto la possibilità di toccare con mano come la psichiatria ha danneggiato la gente e come i cambiamenti nelle teorie psichiatriche e nella nomenclatura diagnostica hanno contribuito a positivizzare i cambiamenti sociali e personali. Io ho ancora vividamente in mente il ricordo di lesbiche e gay che sono stati pesantemente discriminati ed inviati alle strutture pubbliche di assistenza semplicemente in virtù delle loro preferenze sessuali. Conosco personalmente casi di elementi a cui è stata revocata la potestà sulla prole poichè erano, per definizione, disturbati mentalmente; ed altri che “per una minigonna indossata fuori servizio” hanno perduto il lavoro venendo considerati persone disonorevoli. Ma, più di tutto, ho il chiaro ricordo di un pesante bagaglio di vergogna e sensi di colpa che investiva (ed, in parte, ancora investe) degnissime e stimabili persone solo perchè lesbiche o gay! Persone stupende che consideravano se stesse “patologiche” e quindi inferiori al resto della società. Per fortuna noto, con grande piacere, lo sbocciare di fierezza ed autoaccettazione crescente in ogni nuova generazione di “discriminati sessualmente”.

Personalmente ritengo che questo processo possa anche acadere nei confronti della comunità BDsM ma è prima necessario che gli appartenenti a questo gruppo prendano coscienza di se e si accettino in toto per ciò che sono. Solo successivamente si potrà affrontare positivamente i professionisti della psichiatria.

Iniziamo con il Diagnostic and Statistic Manual of the American Psyciatric Association che è praticamente la bibbia della salute mentale. La quarta edizione di questo tomo ci considera dei “Parafiliaci”. Cosa significa questo? Che noi siamo mentalmente malati semplicemente per ciò che abbiamo nelle nostre fantasie. Non importa se poi lo mettiamo in pratica. Non importa come siamo ome persone nel resto della vita. Non importa come ci comportiamo in società o sul lavoro o in famiglia. Non importa se sotto ogni altro aspetto siamo “mentalmente sani”.

Il DSM IV non è particolarmente logico nella sua classificazione dei criteri diagnostici per le parafilie. Alcune definizioni sono assolutamente ridicole: si è un feticista, per esempio, se si viene eccitati dalla biancheria intima in seta ma non se si prova eccitazione dall’uso di vibratori; in quanto i vibratori sono fatti specificamente per un uso sessuale mentre la biancheria intima non lo è!

Altre definizioni sono semplicemente create per essere sia offensive che socialmente fuorvianti al tempo stesso: parte della definizione di sadico sessuale è “the person has acted on these sexual urges with nonconsenting person, or the sexual urges or fantasies cause marked distress or interersonal difficulty.”. Non l’ho tradotto proprio per evitare fraintendimenti. In altre parole: si è un sadico se rapisci e torturi qualcuno OPPURE se la/il propria/o compagna/o scopre che si hanno fantasie da dominante e per questo chiede il divorzio OPPURE si ci si sente in una situazione di stress perché si è stati avvisati che essere un sadico significa essere malati mentali!!!

Inoltre, come la Chiesa Cattolica, anche il DSM IV non pone nessuna distinzione fra fantasia e comportamento...ancora, la difinizione di sadismo sessuale ci dice solo che si devono avere “ricorrenti, intense eccitanti fantasie sessuali...in cui la sofferenza fisica o psicologica...della vittima (sic) è sessualmente eccitante..”.

Fra le altre cose, una definizione del genere include una percentuale talmente grande della popolazione da essere di fatto inapplicabile.

Al di la di queste incongruenze logiche, il problema più serio con la classificazione psichiatrica della maggior parte dei nostri comportamenti come parafilie è che non ci sono ragioni logiche o giustificazioni per considerare le parafilie delle “malattie” mentali nella vita reale. Mi chiedo: dov’è il problema o il danno per l’individuo o la società (anche nella sua accezione più ampia) al di la dell’offesa alla sensibilità individuale di alcune persone? Si potrebbe discutere con ragione degli abusi sessuali o di tutti i comportamenti non consensuali ma il BDsM è consensuale per definizione.

Perchè continuare questa caccia alle streghe proprio nei confronti del BDsM?

Ne parleremo nella prossima puntata.