martedì 25 marzo 2008

Madame di Varennes di Bernard Montorgueil



Ancora un minuto e nel suo sogno Jean Louis avrebbe eiaculato! Una donna lo cavalcava in piedi sulla sua schiena. Era delizioso ma anche doloroso. Pesava tremendamente. Lui non ne poteva più.
La donna aveva le fattezze di Madame de Varennes, la sua prima avventura, la sua grande speranza! Reggeva con una mano le briglie e con l'altra la gonna, scoprendo così i piedi inguainati in un paio di splendidi stivali. Ogni tanto, lo stuzzicava con il suo corto frustino da cavallerizza. Lui ovviamente era nudo e carponi a terra. Quando stava per eiaculare, la sua meravigliosa padrona glielo impediva.
Lo pungolava anzi a correre di più piantandogli nei reni quei suoi piedini voluttuosi. E lui riprendeva a portarla a spasso, sempre più eccitato. Ma ora basta... non ne poteva più... bramava... doveva eiaculare! E lei invece lo incitava a resistere, lo minacciava: guai, a disobbedirle! Così, in un supremo sforzo, Jean Louis si svegliò!

Era coricato sul ventre, la verga calda e pulsante contro il suo candido lenzuolo. Non é certo questo il modo adatto per cominciare la giornata, fu il primo suo pensiero. Corse con un salto a mettere la testa sotto il lavandino. Evitò l'incidente per un pelo.
Proprio in quel momento squillò la sveglia. E Jean Louis si ritrovò nella squallida sua realtà. No, basta con i sogni! Era più che deciso, ora, a trasformare la fantasia in realtà. Ma se voleva avere qualche chance d'incontrare la bella cavallerizza che lo torturava in sogno, occorreva anzi tutto incontrarla, e poi corteggiarla, e poi ancora domandarle il permesso di andare a farle visita! Insomma, per il timido Jean Louis, un coacervo di improbabili azioni.
Rasandosi (cosa che allora faceva solo ogni tre o quattro giorni a causa delle guance imberbi) egli si ricordò la sua avventura. Poche cose, invero: ma che lo avevano scombussolato.
Si era incontrato, un mattino, subito dopo essere uscite di casa per andare al liceo, con una bella sconosciuta. Sebbene fosse a piedi, la donna era vestita come una amazzone. Pertanto Jean Louis fu subito attratto dall'idea di seguirla. La donna entrò in un maneggio, e lui stette delle ore, fuori al freddo, ad aspettarla. Era preoccupato perché non avrebbe saputo come giustificare la propria assenza da scuola. Poi, lo choc: quando ella uscì a cavallo, meravigliosa, altezzosa, e lui restò lì come un allocco senza osare fare un passo. Quand'ella infine sparì, all'uomo non rimase che la certezza angosciosa che non l'avrebbe più rivista. Invece, non solo l'incontrò il giorno seguente, ma riuscì a seguirla fino al Bois. Alla fine, aveva imparato a riconoscerne gli orari, e riusciva a vederla quasi ogni giorno, a discapito dello studio.
Non riusciva a pensare ad altro che a quella donna e lei, per inciso, avrebbe ben dovuto notarlo! Due o tre volte perfino le aveva sorriso! E lei? Si, forse lei anche. O forse no.
Comunque, l'altro giorno, la donna si era fermata incuriosita da quel giovane corteggiatore tanto assiduo, e gli aveva chiesto come lui si chiamasse.
- Jean Louis! - Aveva risposto felice e lei, per tutta risposta, aveva allontanato l'avambraccio guantato che tentava goffamente di agguantare al fine di baciarle la mano.
Poi la sorpresa! Incredibile! La domenica seguente, ad uno di quei noiosi ricevimenti organizzati dai suoi genitori, Jean Louis rivide la donna.
- Jean -, diceva sua madre, - Ma come, non saluti tua zia? - Capisco che è da molto tempo che non la vedi, ma...
Lui non capiva più nulla. La testa gli ribolliva. Tua zia! Tua zia! Tua zia! Non poteva essere vero? Naturalmente, non aveva fatto alcun accenno ai loro incontri; ma quando per un istante furono lasciati soli, la donna lo guardò in un modo che risvegliò in lui i più indecenti desideri. Peccato che poi sua madre lo avesse mandato a studiare in camera sua. No, tutto sarebbe dovuto avvenire fuori dalle mura domestiche.
Ripensava al sogno ed il suo membro, di nuovo, s'ingrossava prossimo a scoppiare. Ci sarebbe proprio mancato che mentre si perdeva in fantasticherie a casa, fosse arrivato tardi al loro sottinteso (lui ormai lo credeva tale) appuntamento! Velocemente, Jean Louis fini di vestirsi ed usci di casa.
Purtroppo la vide, ma da lontano, che già s'allontanava, bella ed irraggiungibile. Jean Louis era costernato. Tanto peggio. Avrebbe spiato l'indirizzo sull'agenda di sua madre e nel pomeriggio sarebbe passato a trovarla a casa. Come dice un proverbio arabo "l'uomo di successo cammina dietro le gonne! "
Ormai Jean Louis aveva preso la sua irrevocabile decisione, ed il cielo solo sa quanta fatica fosse costata alla sua naturale timidezza. Sicché alle due del pomeriggio era davanti alla porta di una villetta. Verificò per l'ennesima volta il nodo alla cravatta e tirò su i polsini. Diciassette anni, pensava ed alle prime armi!
Suonò alla porta e venne ad aprirgli una cameriera scura di capelli e dalla corporatura massiccia. Lui era ovviamente intimorito.
- Scusi, Madame de Varennes é in casa? Io sono suo nipote Jean Louis, se non disturbo...
La cameriera gli lanciò uno sguardo che lo fece arrossire ancora di più.
- Non so. Vado a vedere.
Quindi c'era. Bisognava vedere s'era disposta a riceverlo. Quando fu di ritorno lo introdusse in un saloncino. Il ragazzo non stava nella pelle dalla felicità.
E finalmente Madame de Varennes fece il suo maestoso ingresso.
- Ma guarda guarda. Jean Louis! Adesso forse fai visita alle signore. Forza, non stare così impalato. O hai dimenticato che in simili circostanze é d'uso baciare la mano?
- Oh, zia! Scusate tanto. Vedete, non sono molto pratico di queste cose. Mi sono permesso...
Lei si era messa a sedere sul bordo di un tavolo e sorrideva. Sorrideva...
- Ma hai fatto benissimo! Si vede che non perdi tempo, tu! Ufficialmente, noi ci siamo visti per la prima volta domenica, e tu vieni già a rendermi visita. O vieni forse da parte di tua madre?
- Oh no, zia. Sono solo. Passavo di qui per caso e...
- Eh no. Il caso non c'entra affatto. Non più, almeno, delle tue piccole gite al Bois. Sono sicura che é da domenica che non pensi ad altro che a questa visita .
- Come fate a saperlo? - Sbottò lui ingenuamente. - E' vero. E' proprio così!
- E allora vedi? Prima hai detto una piccola bugia. Ed i bugiardi vanno castigati. In ginocchio, subito, davanti a me!
Aveva pronunciato le ultime parole con un tono che non ammetteva repliche.
- Ma zia!
- Jean Louis! Quando si é dinanzi ad una signora non si discutono i suoi ordini. In ginocchio, presto.
Rapidamente, per ben due volte la mano della donna calò pesantemente sulle guance di Jean.
- E questo é uno schiaffo... e questo é un altro. Impara a dire la verità!
- Ed ora baciami la mano, piccolo idiota. E sorridi. Sono primi che ricevi, ma non saranno di certo gli ultimi. Ora alzati! Oh no, non sul divano! Siediti per terra, ai miei piedi. L'altro giorno quasi ho avuto l'impressione che tu volessi fare la corte a tua zia!
- Davvero?
- Certo. Se l'ho detto é così.
A cuccia come un cane, il povero adolescente percepiva l'acre odore degli stivali come un afrodisiaco. A quel punto, eccitato, decise di mettere da parte la timidezza.
- Oh, zia. Avete delle suole così graziose, e dei talloni così alti! Non ho mai veduto nulla di più bello.
- Oh, vedo che hai del buon gusto! Vorrà dire che ti permetterò di baciare ciò che ti piace tanto!
- Oh, non avrei mai... ma se é per farle piacere!
- Idiota, é a te che faccio un piacere. No, non quello. Bacia il piede che é per terra!
Jean Louis s'abbassò cominciando a strisciare.
- Ecco, prosternati. Resta così un istante. Fammi sentire il tuo fiato attraverso il cuoio. Senti com'è profumato? Respira bene. Ecco. Ora alzati e bacia l'altro piede. Bravo. Ed ora ricomponiti. Raccontami di te. Scommetto che la sera ti addormenti pensando a me!

- Si, zia. Dal giorno che vi ho vista la prima volta, anche di giorno non riesco a pensare che a Voi!
- Vedi? E in che modo pensi a me?
- Mi dico: com'è bella, com'è maestosa! Ricordo il Vostro profumo, la Vostra voce, il meraviglioso momento nel quale ho potuto prenderVi la mano...
- Insomma, pensi a me come farebbe un innamorato!
- Non come farebbe... Ma... come sono innamorato!
- No! Ma allora è stato un colpo di fulmine!
- Può darsi. In ogni caso, tutto ciò dura ormai da più di tre mesi!
- Caspita!
- Oh, Vi prego, non burlateVi di me! Io ho diciotto anni e sono certo...
- Meno di diciotto anni, credo.
- Mese più mese meno, che cosa significa! Vi giuro che le mie intenzioni sono serie. Non crederete che cerchi la semplice avventura, spero? Io Vi amo, come dire? Più di ogni altra cosa al mondo. Certo, vorrei essere più uomo e meno ragazzo, ma la mia età non é una colpa. E poi, nell'adolescenza i sensi sono, ma come si dice?
- Come si dice! Sei un poema, Jean Louis! Insomma, é semplice: tu vorresti venire a letto con me. Soprattutto dopo tre giorni che siamo stati presentati ufficialmente. E' formidabile, non trovi?
- Io non l'ho detto!
- Ma lo hai pensato. E sei venuto a casa mia per tastare il terreno
- Oh!
- Capisco che sei giovane, e come dici tu, con i sensi facili ad incendiarsi. Io sono bella e all'istinto non si comanda. Ma la tua audacia supera anche questo limite. Dimmi un po': dove lo trovi tutto questo coraggio?
- M'era parso di capire...
- Che cosa? Solo perché ti ho sorriso una o due volte al Bois?
- Anche. Ma non solamente per questo. Domenica, ecco, io ho avuto l'impressione...
- Ah! Ahi! Ahi! Capirai il signorino ha avuto l'impressione! Quale impressione? Forse che mi sia lasciata corteggiare quando siamo stati soli?
- Sì. E poi, la sera ho sentito i miei che parlavano di Voi...
- Questo è interessante. E dimmi, che cosa dicevano sulla tua zietta?
- Non so se debbo dirvelo. In fondo non é corretto da parte mia, né gentile. E se poi Voi doveste offendervi?
- Forza!
- Ecco: dicevano che siete pericolosa.. Che rendete i vostri innamorati in uno stato pietoso. E ancora si domandavano perché, dopo dodici anni di silenzio, siete riapparsa all'improvviso con una visita. Insinuavano che ora cominciate a patire la solitudine, che avete fatto male a non sposarVi!
- E tu hai creduto a tutto ciò?
- Tutto? Oh no! Già l'indomani ho preso le vostre difese.
Ho detto che siete bella e gentile. Ma mi hanno trattato come un bambino. Papà vi ha paragonata alla maga Circe. A una sirena incantatrice. E quando ho chiesto quando Vi avrei rivista, mi hanno impedito di parlare ancora di Voi. Ho pensato che erano ingiusti. Ed ora, beh, eccomi qui!
Madame de Varennes s'alzò in piedi. Anche se non voleva darlo a vedere, tanta fedeltà l'aveva colpita.
- Ti dirò una cosa, piccolo stupido quello che hanno detto di me é vero! Mi piace sottomettere gli uomini, dominarli. Però non saprei proprio cosa farne di un galoppino come te. Vattene ora, e non rimettere più piede in questa casa!
- Oh no, Vi supplico! Non cacciatemi!
- Ho detto di non farti più rivedere!
- Vi giuro che Vi amo! Non penso che a Voi. Vi supplico, lasciatemi tornare. Sarò saggio e non Vi chiederò mai nulla -.
- Te lo ripeto: no!
Si era gettato ai piedi di Madame de Varennes e la stava implorando con tutte le sue forze. Con la testa volta in alto verso di lei, la supplicava come un cucciolo impaurito. Senza rispondere, la donna lo fissava duramente. Infine, ella fece un impercettibile cenno d'assenso con il capo.
- Potrei anche dire ai tuoi della visita, che ne dici?
- No!!!!!!
Jean Louis era impallidito come un fantasma. Evidentemente la donna si divertiva a tormentarlo.
- In fondo, basterebbe una telefonata...
- Oh no, no... Ve ne supplico, questo no. Ordinatemi qualsiasi cosa. Qualsiasi .
- E va bene. Non telefonerò
- Oh, grazie zia!
- Ma ad una condizione
- Ve lo ripeto! Accetto qualsiasi condizione
- Venendo qui, tu hai disobbedito. Inoltre hai pensato a tua zia in una maniera indecente. Non negarlo! Era alle mie gambe che pensavi nel tuo letto, questa é la verità, altro che alla voce o ai sorrisi .
Mentre parlava, la donna gli si era avvicinata squadrandolo duramente. Una gobba sui pantaloni del ragazzo ne rivelava l'eccitazione.
- Ecco, vedi? Quel gonfiore sotto i tuoi calzoni dice ciò che tu stai pensando di me!
- Oh zia, non mi toccate!
La mano della donna, infatti, si era spudoratamente avvicinata alla patta. Ed il ragazzo, istintivamente, aveva fatto il gesto di ritrarsi.
- Taci tu! Se ti tocco é solo per dimostrare che ho ragione. Ho detto che occorre una punizione per i tuoi desideri ed il tuo comportamento indecente. Io avrei telefonato a tua madre perché provvedesse lei. Ma, visto che hai tanta paura, mi pare logico che la punizione debba venire qui!
- Capisco, volete ancora schiaffeggiarmi. Ebbene fatelo! Lo preferisco a una Vostra telefonata!
- Schiaffeggiarti? Oh no! Sculacciarti, vorrai dire!
- Ma zia, che dite. E' impossibile. Alla mia età, poi. Per quanto giovane, non sono più un bambino!
- Se dico che devi essere sculacciato, tu sarai sculacciato. D'accordo o no!
- Ma zia! Lo dite solo per farmi paura. Non parlerete davvero seriamente?
- Io parlo sempre seriamente quando dico ad uno schiavo che sta per essere battuto.
- Ad uno schiavo? Non capisco
- Capirai adesso!
Ella lo lasciò il tempo necessario per suonare il campanello. Due minuti dopo apparve la grossa cameriera bruna.
- Solange, preparate questo ragazzo per la sculacciatura, prego!
- Che significa, zia? No, non mi toccate. Voi! Lasciate stare i miei vestiti, non voglio! Ridatemi la giacca. Ah, così mi fate male. Ahi, le mani! No, non legatemi le mani. E lasciate stare i miei calzoni. E le mutande! Siete impazzita, Voi! Che vergogna, cielo che vergogna!
- Portiamolo di là. Staremo più comodi.
Ben presto la zia e la cameriera costrinsero Jean Louis a seguirle nella stanza vicina. Al fondo, la zia si coricò su un letto accendendosi con aria annoiata una sigaretta. Lasciò apposta scoperta una gamba sino alla coscia, avvolta da una calza di finissima seta. Jean Louis non riusciva a staccare lo sguardo dall'erotico spettacolo che gli era così generosamente offerto. Ne era così affascinato, che tutto subito non si accorse degli altri mobili ed oggetti che arredavano la stanza: ossia, un cavalletto, una gogna, ed altri strumenti di tortura che pendevano dalle mura e dal soffitto dando all'ambiente un aspetto sinistro e sottilmente perverso, un aspetto da reggia di una sadica!
Ad un tratto, la zia fece un cenno alla cameriera e questa manovrò una leva nascosta. S'udì il ronzio di una carrucola. Ora, dal soffitto pendeva una lunga e pesante corda di canapa annodata.
Così all'improvviso, quasi senza accorgersene, il ragazzo si trovò con le mani legate dietro la schiena e con i calzoni arrotolati lungo le caviglie. Percepiva, sulla pelle tenera e giovanile delle natiche, un frescolino davvero poco rassicurante. Inoltre, per mantenere l'equilibrio, fu costretto a piegarsi in avanti ed a sporgere così il sedere. Una posizione, questa, che oltre ad umiliarlo gli metteva una dannata paura!
Infine, la zia si rivolse a Solange con una voce che non ammetteva repliche.
- Con le verghe. E molto forte. Fermati però al sangue. Voglio che la punizione duri il tempo esatto che io impiegherò a fumare questa sigaretta!
- Pietà zia. Non mi merito questo. Oh, fatemi la grazia. Ve ne supplico!
- Tu sarai sculacciato mentre fumo. E siccome amo il silenzio, queste stupide suppliche non fanno altro che innervosirmi. Prendete questa sciarpa - disse rivolta a Solange - e ficcategliela bene in bocca!
Ma prima che la cameriera potesse intervenire, il povero ragazzo lanciò un grido istintivo. Subito, attraverso la camicia, Solange gli pizzicò crudelmente un capezzolo.
- Ahhh!!!
- Tieni! - Urlò Solange.
- Ah... um... of... zZf!
Approfittando della bocca spalancata, la donna gli aveva infilato completamente la sciarpa fra le mascelle, quasi in gola, ed ora il povero Jean poteva respirare solo con il naso. Di supplicare ancora, poi, manco se ne parlava. Tutto ciò che riusciva ad emettere, era un fioco muggito simile a quello di un vitello prossimo al mattatoio. Inoltre, il terrore gli mozzava le forze.
Dopodiché, Solange gli passò alle spalle. In mano, reggeva un fascio di flessibili verghe, ancora gocciolanti dell'aceto dove preventivamente erano state conservate affinché risultassero più dure. S'udì un fischio acuto. Segno che la punizione era cominciata.
Madame de Varennes fumava. La sua gonna, si era sollevata di qualche altro centimetro. Jean Louis non poteva distogliere lo sguardo dalla gamba spudoratamente esibita. Malgrado il dolore e le contorsioni, era come ipnotizzato. Con gli occhi socchiusi, sua zia lo osservava quasi annoiata, al ritmo orientale della lenta fustigazione. Aveva un'aria distaccata come se nulla stesse accadendo. Calma, di tanto in tanto, portava alle labbra la sigaretta. Intanto le verghe seguitavano ad abbattersi inesorabilmente sulla pelle infuocata ed ormai rossastra.

Quando la sigaretta fu finita, Madame de Varennes fece cenno alla cameriera di arrestarsi, si levò in piedi e disse:
- Sono certa che gradirai di portarti la sciarpa a casa come ricordo di questa memorabile giornata. Bene, te ne faccio dono. Solo esigo una cosa, che tu la tenga in bocca finché non sarai in strada. Ora scioglietelo, Solange. E naturalmente, fate che in cinque minuti egli lasci questa casa.
Detto ciò, la zia gli passò alle spalle e spense ciò che restava della sigaretta sulla sua carne piagata!

Nonostante ciò ch'era accaduto, il giovedì seguente, sette giorni esatti dalla sua prima visita alla zia, Jean Louis ritornò a suonare il campanello della dimora di Madame de Varennes. Questa volta c'era una novità, infatti, al posto di Solange, venne ad aprirgli la porta una nuova cameriera, bionda slavata, ma con due occhi egualmente duri e cattivi, sotto il cui sguardo già il povero Jean si sentiva arrossire dalla testa ai piedi.
Jean Louis si presentò e la donna, per quanto non lo avesse mai visto in precedenza, lo fece passare. Ciò poteva essere interpretato favorevolmente. Sua zia aveva ovviamente dato disposizioni al riguardo.
La donna lo introdusse ben presto in una camera che non aveva ancora visto. Un imponente paravento la divideva in due parti, e per sedersi c'era un unico divano coperto di soffici ed enormi cuscini. Non osando sedervicisi sopra senza esserne stato invitato, Jean Louis preferì rimanere in piedi.
Qualche istante di attesa spasmodica, ed ecco che fece il suo ingresso Solange. Jean Louis ne era deluso: avrebbe preferito la zia. Il ricordo di quella donna era infatti fin troppo cocente! Questa volta, la cameriera era abbigliata in modo differente: dal collo altissimo, una fila di perle e di stupendi bottoni neri ne chiudeva l'abito sin dove cominciavano le pieghe della gonna, la quale era lunga sin oltre le ginocchia. Jean Louis non aveva mai veduto nulla di simile. Era abbagliato dalla severa crudeltà che traspariva dalla donna e dal vestito che indossava.
Apparentemente senza interesse alcuno verso il giovane, Solange chiuse la porta con un giro di chiave e si mise di fronte allo specchio. Dopo una ripassata veloce al trucco, piroettò sui talloni. Forse, se ne andava già. Jean Louis stava per parlare, per chiederle almeno notizie di sua zia... ma la donna, in un ultimo ripensamento, gli si parò di fronte prevenendo le sue imbarazzate domande.
- Voi sapete -, disse, - che vige per sempre il divieto di venire qui! Ho avvertito vostra zia ed ella mi ha ordinato di frustarvi e di mettervi in penitenza!
- Ma... - Balbettò Jean.
- Tacete!
Tale era stata l'autorità di Solange ch'egli non osò replicare. La donna scomparve dietro il paravento. Quando tornò, reggeva una frusta, o meglio una "cravache", adattissima allo scopo e molto, molto dolorosa!
- Se vi spoglierete senza storie avrete solo cento colpi. Se invece mi costringerete ad intervenire come la scorsa settimana, i colpi saranno centocinquanta! Pensateci bene: cinquanta colpi in più, sulla pelle già piagata, non sono affatto da sottovalutare!
Così dicendo, quasi con noncuranza, sbottonò leggermente il corsetto. Ora, il ragazzo non poteva distogliere gli occhi dallo spettacolo della scollatura della donna, pallida eppure gonfia, conturbante.
- Allora. Vi spogliate o no?
- Sissignora! - Biascicò in un fiato il poveretto. Quindi cominciò a slacciare i calzoni.
- Potrei tenere almeno le mutand...
La donna manco lo lasciò finire la frase. Con tono spazientito disse:
- Nessuna concessione. Conterò fino a cinque. Se al cinque non sarete nudo come un verme, Vi spoglierò io stessa, ed i colpi aumenteranno!
- La camicia, almeno!
Forse pensando al pericolo di un raffreddore, la donna gli fece tale concessione. Jean si levò quindi i pantaloni e, dopo un ennesimo tentennamento, scoprì intero il suo sedere da adolescente.
Con gesti sicuri, Solange gli appuntò la camicia sul collo, si che nulla coprisse le sue natiche. Poi lo portò dietro il paravento. Su una mensola, troneggiavano diversi oggetti di tortura, a lui sconosciuti. Egli non fece però in tempo a soffermarvici troppo sopra. Con cattiveria, la donna aveva portato il primo colpo.
- Aahhh!
- E uno.
Qualche secondo d'attesa, di snervante attesa, e s'abbatté il secondo.
- Ahi, no...
- Due!
Poi la donna si fermò di più.
- Tre, quattro, cinque...
Senza curarsi minimamente delle contorsioni e delle preghiere del poveretto, la donna contava i colpi ad alta voce, tranquillamente, in modo di non sottrarne alcuna forza all'opera fustigatrice, nemmeno quella che richiede un grido. Tutto il suo corpo, insomma, era concentrato sulla fustigazione. La cadenza era regolare, persino lenta, ma la precisione dei colpi era secca ed incisiva. Dopo i primi cinquanta, ormai sudata ed eccitatissima, incrudelì ulteriormente la fustigazione.
- Svift, svift, svift...

Invano il ragazzino supplicava pietà. Infine, gli ultimi venti, raggiunsero una inaudita crudeltà. Ogni volta la sferza strappava a Jean Louis un grido ed un brandello di pelle. Le sue natiche, ormai, non erano che un oceano di bollicine bianche da cui spruzzava o già era spruzzato il sangue.
Quand'ebbe finito, Solange era distrutta. Immaginatevi poi Jean Louis. Comunque, la donna frizionò la pelle con un balsamo indolore, ed a poco a poco il bruciore andò attenuandosi, anche se non del tutto.
- Ed ora, levatevi anche la camicia!
La fustigazione, si vede, aveva eccitato la donna oltre i limiti prefissati.
- La camicia? No! Non posso spogliarmi del tutto! Che direbbe mia zia se mai mi vedesse in tali condizioni? Vi prego, non posso!
- Forza. Ho precise disposizioni di distruggere il vostro pudore. Denudatevi!
A Jean Louis non restò che obbedire. Frattanto, Solange aveva levato da un armadio un guinzaglio. Glielo legò strettamente al collo.
- Voilá! Ed ora, camminate carponi fino a quel divano, come un cane! Resterete lì in penitenza fino a che ve lo dirò io. Muovetevi!
E così anche questa volta, al povero Jean Louis non restò che obbedire.
Il profumo della zia impregnava il divano, i cuscini, i tappeti ed ogni altra cosa nella stanza. Jean Louis ne era turbato. Fitte brucianti gli giungevano ancora dalle natiche torturate, e l'umiliazione della propria nudità e della posizione a cui era costretto - a carponi come un cagnolino - lo pervadeva continuamente, eppure... eppure desiderava la presenza di quella donna (sua zia) come mai aveva mai bramato altra cosa in tutta la sua pur breve esistenza.
Era eccitato. Purtroppo, Solange aveva provveduto a fissargli entrambi i polsi ad una cordicella pendente dal collare, sicché aveva le mani a pochi centimetri dalla verga, congiunte, quasi a poterne sfiorare l'inturgidita cappella. A poterla sfiorare... ma non carezzare. Jean Louis si contorceva in mille inutili tentativi sul velluto del divano, sfregamenti che non facevano altro che moltiplicare la sua eccitazione. E intanto la voglia di masturbarsi si faceva sempre più forte. Sempre più forte. Sempre... fino a scoppiargli nel cervello. Rivoli di sudore gli colavano dal corpo e si mescevano agli olezzi profumati, intimi, femminili (di sua zia forse?) dei quali era impregnata la stoffa del soffice divano. Su un fianco. Forse mettendosi su un fianco. Jean Louis seguì l'istinto. Ora vagheggiava in un dolce, erotico oblio che sfumava nell'irreale...
Nel sonno ...
E nei sogni.
O era forse un incubo? Si vedeva coricato per terra. La crudele Solange lo dominava con la sua imponente sfrontatezza, oscena, cattiva, pronta solo a fargli del male. Com'era impressionante! E lui il suo schiavo. Che cosa voleva lei da lui? O lui da lei? Egli avanzava a carponi sino ad avere il viso a pochi centimetri dagli stivali da amazzone che ne ricoprivano la gamba in tutta la sua lunghezza, ne percepiva l'acre odore dei cuoio, un odore misto a quello della pelle sottostante, del sudore, dell'eccitazione, del suo stesso desiderio ...
Allora egli tira fuori la lingua. E' un gesto, il suo, di totale sottomissione. Chiedo pietà, sembra dire mentre lecca il cuoio, mentre risale, mentre spudoratamente s'inarca alla donna, in cerca della sua radice da cui, ora, comincia a percepirne il respiro.
Ed ella discende. Allora, acconsente al desiderio di Jean? Oh, no! Nulla di più errato. Come potrebbe una Signora, una vera Signora, permettere tanto a uno schiavo? Ella discende a lui, é vero, ma con lo stivale. E' un calcio nelle reni, ciò che Jean riceve. E subito, una suola zigrinata e ruvida va sul suo sesso. Ecco come lo accontenta Solange, con la suola degli stivali! Masturbandone il pene ingrossato di voglia con una volgare suola, forse sporca, e chissà di che cosa! Jean Louis geme e geme e geme come un infante.
Poi grida! Sì: i suoi gemiti si trasformano nell'ululato di un licantropo alla luna. E comincia a godere. A godere mentre lei lo insulta e lo ricopre di miriade di improperi come mai prima gli era accaduto di udire da una dolce voce femminile!
In quel preciso istante, Jean Louis si svegliò. La luce della stanza era accesa. In quel chiarore, riconobbe la giovane cameriera che gli aveva aperto la porta d'ingresso. Bionda, apparentemente distaccata, ella dapprima lo guardò poi, avvicinatasi prese ad accarezzargli il membro.
- Credo che Voi abbiate fatto un sogno non troppo castigato. O no?
Sorrideva. Jean Louis le fece uno sconsolato cenno con il capo. Forse, sarebbe stato punito per essersi addormentato. Ormai egli s'aspettava, in ogni occasione, il peggio. Pareva questa la regola della casa.
- Sono più di due ore che vi siete addormentato - continuò la donna, - ed ora è meglio che ve ne andiate. Suvvia, alzatevi in piedi.
Ancora inebetito, il ragazzo fece come gli era stato ordinato. La bella cameriera provvide d'incanto a scioglierlo dal guinzaglio e dalle manette.
- Ma prima che ve ne andiate, - disse ancora la donna - voglio mostrarvi qualcosa!
così dicendo, lo condusse in fondo alla stanza e tirò un cordone. Jean era esterrefatto. In una grande cornice, sua zia lo osservava accigliata. Era bella e crudele come mai l'aveva veduta. Circondata da una muta di alani alsaziani, reggeva con le mani guantate un lungo scudiscio. Gli stivali erano lunghi fin sulle cosce, di cui lasciavano scoperta la parte superiore. Per il resto, la donna indossava un aderentissimo corsetto di cuoio, stretto in vita da una cintura d'oro. Quest'ultima pareva soffocarne i fianchi come un cilizio. La borchia, era ornata da un grande rubino rosso come il sangue.
Sempre più esterrefatto, Jean osservò i cani. No. No. No. Era impossibile. Quei cani non erano cani. La testa sì, era aguzza, dentata, da lupi d'Alsazia... ma le mani ed i corpi erano umani. Mani maschili, gambe pelose, organi sessuali come il suo in erezione. Lo stupore del povero adolescente stava raggiungendo gradi metafisici.

Senza altro aggiungere, la cameriera era passata alle sue spalle. Jean ancora stava domandandosi s'era. un quadro o la realtà. La donna lo spinse innanzi, lui non oppose resistenza. Forse, stava per entrare nel quadro a far parte anch'egli della muta. Il suo membro pareva un capitello di un tempio greco. Grosso, avido, pulsante…
Ora, nuovamente, la donna lo masturbava in una lunga ed irresistibile, unica ed inimitabile, dolce, micidiale, soffice e crudele carezza...
Cominciò a gemere. Un'onda di piacere saliva dalle sue reni come l'alta marea in un porto di Normandia. Nella fantasia il quadro s'animava...
Diventava vivo...
Jean sentiva prossimo l'orgasmo. Sì, sarebbe venuto, veniva, veniva...
La donna si fermò! Di colpo. Semplicemente, smise di masturbarlo e ritrasse la mano.
- Noooo!!!!
Implorò Jean Louis mentre una scossa elettrica lo scuoteva dal capo al ventre.
- Ecco. Voi siete davanti a vostra zia. Ci siete nudo come un verme. Dovreste vergognarvi, invece di pensare al vostro piacere. Suvvia, controllatevi. Spero che non vorrete sporcare il quadro!
Troppo tardi. Come spinto da una invisibile pompa - il pensiero di sua zia - lo sperma aveva ripreso a scorrere nel canale seminale del ragazzo come un torrente di montagna all'epoca del disgelo.
Un flusso continuo...
Interminabile...
Un flusso che alla fine sbocciò nell'aria come una rosa al mattino. La cameriera posò lo sguardo ironico su ciò che colava lungo le cosce del ragazzo.
- Non ce n'è più? Lo avete fatto tutto?
Arrossendo come un peperone, il poveretto fece un contrito cenno con il capo.
- Rivestitevi allora. In meno di tre minuti dovrete essere per la strada.
Ed al povero Jean Louis non rimase altro da fare se non obbedire.
Come sempre, d'altronde.

Dopo l'ultimo pomeriggio passato in penitenza, senza neppure avere avuto modo di vedere la sua agognatissima zia, Jean Louis s'era gradatamente persuaso che questa, negandosi in tal guisa, altro non avesse voluto fare che metterlo alla prova; o meglio, misurarne la propria devozione. Era questa indubbiamente la giustificazione ch'egli più gradiva. Mai, infatti, avrebbe ammesso con se stesso che la zia lo avesse voluto far maltrattare per il semplice, sadico gusto di farlo, oppure - ipotesi orrenda! - per scoraggiarne il giovanile ardore. Cosicché, il giovedì seguente, egli si presentò puntualmente alla porta e suonò il campanello. Ma Solange, riconoscendolo, invece di scoraggiarlo, non fece che accrescere il suo imberbe ma ardito desiderio. Aveva intravisto le cosce della cameriera, ed i ricordi di un passato ancorché prossimo erano vivi nella sua mente e... ed in qualche altra parte del suo corpo meno nobile del cervello!
Egli aveva trascorso una settimana d'inferno! Non era forse Solange l'esecutrice delle volontà di Madame de Varennes? Dovunque, al liceo, a casa, e soprattutto a letto, il povero ragazzo s'era eccitato pensando al racconto che certamente la cameriera aveva fatto a Madame. No. Non poteva permettere che questa lo denigrasse agli occhi di sua zia. Cinque minuti dopo, era di nuovo lì a suonare come un postulante. Vergognoso eppure deciso!
Al secondo squillo, fu la fortuna o la maledizione non si sa, egli fu fatto entrare. Condotto in un salottino, egli venne lasciato solo per un'eternità. Cioè, proprio solo, no. Infatti, l'unica sua compagnia era la foto di un soldato davanti a cui sua zia aveva messo una rosa. Jean, guardando quell'uomo forte e bello, così diverso da lui, non poteva fare a meno di struggersi dalla gelosia. Ecco, si diceva, vorrei essere al suo posto: amato!
Amato!
Stava cogitando sull'amore, quando s'apri la porta ed una bellissima donna fece ingresso nella stanza. Era bionda, occhi azzurri, le caviglie sottili ed un dolcissimo sorriso. Non dimostrava più di vent'anni.
- Voi siete Jean Louis, non è vero? - Gli chiese la donna in un soffio.
- Sì, Signorina!
- lo mi chiamo Anne. Sono la segretaria di vostra zia, ed ho ricevuto l'incarico di ricevervi.
- Voi?
- Ma si, che c'è di strano? Spero anzi che avrete con me modo di confidarvi. E' una disposizione di vostra zia, e pure nel vostro interesse. Vi dirò inoltre che sono al corrente dei sentimenti che avete per Madame de Varennes. Siccome anche io sono innamorata, potrete confidarvi con una persona che ha i medesimi vostri problemi. Madame é una persona meravigliosa, e comprendo benissimo che possiate essere rimasto succube del suo fascino... e del suo potere! Ma sedetevi, prego, che staremo più comodi.
- Grazie. Ecco, vedete: mi domando perché non mi voglia più vedere di persona...
- Sarà senz'altro per non gettare benzina sul fuoco! A meno che non abbia altre ragioni. In ogni caso sarà meglio che rinunciate a certe idee pericolose... Ci sono cose per cui un giovane non é adatto, capite ciò che intendo? Lo capite davvero?
- No. Voi dite che non vuole vedermi. lo dico che non ne comprendo il perché!
- Ma vi prego, non intestarditevi! Sapete benissimo che il primo giorno vi ha ricevuto. Al contempo, per scoraggiarvi, non ha esitato ad impiegare alcuni metodi... oh, non voglio nominarli!
- Ve l'ha detto?
- Non abbiatene vergogna. Per appartenerle, come volete Voi, non bisogna aver vergogna di nulla. Però non illudetevi: non basterà questo. Vostra zia ha cercato di scoraggiarvi in ogni modo e inutilmente. Adesso, ha deciso che sappiate alcune cose...
- Ossia?
- Innanzi tutto, ch'ella non vi deve nulla e voi, se vorrete seguitare a frequentarla, le dovrete invece tutto. Ripeto, tutto.
La giovane segretaria continuò quindi illuminando Jean sui gusti particolarmente crudeli della zia. Ad ogni frase, addolciva la voce, risvegliando così in lui il desiderio. Parlava di sangue ed egli rabbrividiva e nel medesimo tempo s'eccitava. Sicché, invece d'andarsene via per sempre da quella casa, sentiva nascere in lui una cocente passione. Sì, sarebbe andato fino in fondo! E quando Anne gli consigliò di cercare la felicità con donne più adatte alla sua età, egli quasi si offese!
- Sono certo, - disse - che se Madame de Varennes ama essere crudele con me, io farò di tutto per assecondarla. Son pronto a giurarlo!
Lo avrebbe davvero fatto? La giovane donna pareva dubitarne. Lo squadrava con un'aria sorniona e ironica, abbandonata, lasciva. Jean però voleva sua zia. A tutti i costi.
- Ma allora, - tentò infine la donna, - una ragazza della vostra età o quasi, come potrei essere io, non avrebbe proprio possibilità d'interessarvi?
- Voi! Ma se non avete nulla di una dominatrice! - Esclamò Jean.
- Non ho detto io. Tra l'altro, ve lo ripeto, appartengo a vostra zia!
Jean stava riprendendo a struggersi nell'elogio della zia. E fu in quell'esatto momento che questa comparve. Maestosa, inaspettata ... !
- Oh mia zia ... Eccovi, infine! - Mormorò arrossendo il ragazzo.
Poi rimase come marmorizzato. Non aveva mai veduto un costume più eccitante di quello che indossava la donna. I pantaloni da amazzone ne fasciavano il corpo stupendo ed una camicetta attillata lasciava trasparire il petto.
Sua zia parve studiarlo a lungo. Poi, con calma, prese a parlare.
- Quando arriva tua zia, Jean, devi metterti in ginocchio. Dovresti averlo imparato, ormai. Forza, fa come ti ho detto ed inginocchiati!
Si voltò quindi verso la giovane segretaria.
- Voi avete veramente fatto tutto il possibile, mia cara Anne. Ho ascoltato la vostra conversazione. Se egli non capisce, - aggiunse alludendo ovviamente a Jean, - é perché non vuole capire. Né la forza né la paura né la ragione hanno fatto presa su di lui. Tanto peggio. S'egli vuole perdere il proprio tempo, io non perderò il mio. E se si ostinerà a venire qui, vorrà dire che sarà ricevuto!
Poi guardando il nipote sempre in ginocchio, disse ancora.
- Con tutto ciò, malgrado la mia decisione, desidero che tu sappia una cosa, la tua ostinazione a ritornare non é stata del tutto inutile. Anzi, da un certo punto di vista, posso dire di capirla. A tratti, direi perfino che la approvo in parte!
- Oh, zia! Ho creduto per un attimo che voleste dirmi che... che... insomma... che un pochettino, poco poco, abbia fatto presa su di Voi!
- Presa? Presa su di me? Non mi pare d'averlo detto. Comunque voglio dimostrarti che un po' d'affetto lo nutro anche per mio nipote. Vieni qui, strisciando sulle ginocchia. Ti darò un bacio. Dopo di che te ne andrai e stavolta per non più tornare. Capito?

Jean si avvicinò come gli era stato detto, senza lasciare la donna con lo sguardo. Quando le fu vicino, ella lo afferrò bruscamente per un orecchio costringendolo a levarsi in piedi. Solo allora permise al ragazzo di avvicinare la bocca al suo collo da cigno.
- Tieni!
Era sogno o realtà? Le labbra di sua zia si erano fugacemente posate su una guancia.
- Ed ora che hai avuto la ricompensa, noi ci diremo per sempre addio!
- Noo!!!
- Come sarebbe no!
- No. Non me ne andrò. Come sono certo che il vostro é solo un gioco crudele. Voi ve ne approfittate perché sono giovane. Ma in fondo desiderate che resti. Volete solo farmi paura. Son certo che diverrete più buona. Non giungereste mai a cacciarmi per davvero!
- Ciò che ti ha detto Anne non ti é forse bastato? Che vuoi ancora?
- Ciò che mi ha detto Anne non é vero! Bugie! Un mare di bugie!
- Non ci credi?
- Qualcosa di vero magari ci sarà anche, ma non tutto. No, non tutto.
A lungo Madame de Varennes stette in silenzio. Meditabonda, senza staccare gli occhi dal viso impaurito del ragazzo.
- Jean, - disse infine, - tu sei incorreggibile.
- Innamorato, piuttosto! Io non penso che a Voi, a ciò che so, a ciò che vorrei sapere... Ed ora che mi siete davanti così meravigliosa...
- Si, può darsi. Ma crudele. Anne te lo ha detto: io amo vedere soffrire. E in questo momento su soffri.
t niente, se é per farvi piacere!
Sì. Questo é nulla. Ma ci sono altri dolori... altri piaceri...
- Bluffate. E' per scoraggiarmi che dite ciò!
Ancora una volta, la donna lo incenerì con lo sguardo. Infine, brusca, domandò.
- E se lo vedessi con i tuoi occhi? Lo riconosceresti, allora?
L'espressione di Madame era così dura ch'egli esitò un poco.
Poi riprese con voce ferma.
- E' impossibile!
- Allora vieni con me.
La donna gli pizzicò ancora più fortemente le orecchie, costringendolo a fare mezzo giro su se stesso. Dopo di che, lo fece procedere a ritroso sino in un'altra camera. Solo allora lo lasciò andare.
- Oh!!!!
Jean era marmorizzato. Di fronte a lui, un uomo nel fiore degli anni, completamente nudo, aveva i polsi ammanettati e legati ai testicoli. Inoltre, una pesante maschera di cuoio gli celava interamente il volto.
- Ecco, vedi! - disse Madame, - lui pure mi desiderava! Lui pure ha creduto di amarmi. L'ho fatto aspettare più di due anni. E poi l'ho preso. Ma ora é uno schiavo. O meglio, uno dei miei schiavi. Uno qualsiasi. Ti dirò anzi che non mi serve granché. Lui accetta di tutto, e nessuno lo ha obbligato.
Fece una pausa.
- Hai avuto la tua dimostrazione.
Madame de Varennes si avvicinò quindi a una parete da cui pendevano varie fruste.
- Scostati, Jean!
Il nostro eroe obbedì come un automa. La donna già aveva impugnato un lungo staffile e misurava l'aria facendolo fischiare a vuoto.
Poi, con cattiveria, vibrò il primo colpo di traverso sulle spalle dello schiavo. Queste si rigarono di sangue. Completamente immobile a causa dei legami, l'uomo tremava come una foglia al vento.
Poi Madame si scatenò. Come una furia, fustigò l'uomo una, due, tre, quattro volte. E ancora. E ancora. Egli si contorceva in preda al dolore. Fu allora, che Jean s'avvide con stupore ch'egli aveva il membro in erezione. E, come Jean, se ne avvide la zia.

- Guardalo! Guardalo bene! Questo cane che si permette di godere alle frustate! Tu vedrai come gliene farò passare ben presto la voglia!
E, gettando la frusta, la sostituì con uno staffile a più code. Lo schiavo, alla minaccia, riprese a tremare più forte. Le sue ginocchia parevano percorse da una forte corrente elettrica.
Al primo colpo, l'uomo s'inarcò mugghiando. Il bavaglio, probabilmente, gli impediva di fare di più.
- Stic, stic, stic...
La stanza era colma dei rumore di pelle stracciata. Madame frustava senza pietà, ritraendo ogni volta lo staffile più rosso di sangue.
- STIC, STIC, STIC…
Impassibile, abituata forse a quegli spettacoli, la giovane segretaria prese a bagnare i fiori.
- Ma é orribile, - disse Jean, - ed ora, se mi vorrete scusare io avrei un impegno.
La segretaria lo squadrò con sdegno. Ora, la sua espressione era di rimprovero.
- Ve lo avevo detto che non sareste stato degno di lei. Una donna meravigliosa. Davvero troppo per voi. Andatevene, se dovete andarvene!
In quel preciso istante, Madame sospese la fustigazione e fulminò Jean con uno sguardo.
- Ve ne andate senza neppure salutarmi?
- Oh, zia... Io... Io non avrei mai... perdono... scusatemi, ma lasciatemi andare!
- Lo sapevo che non avresti retto al colpo! Meglio così. Almeno scomparirai per sempre. Pensa, per consolarti, che farò a questo uomo ciò a cui tu hai rinunciato. Si Lo violenterò in tuo onore!
- Oh!
- Naturalmente, egli prima sarà torturato. Bisogna pure che paghi il piacere, no? Ma credimi, ne vale la pena. Ma non fare quella faccia! E' naturale: muori di paura e te ne vai! Non avrai dei rimpianti, spero!
Fece una pausa.
- A meno che... - Insinuò...
- Che orrore!
- Non saresti mica il primo, sai? Ma voglio essere buona. Prima che te ne vada, ti darò un ricordo di oggi pomeriggio. Vieni, inginocchiati ai miei piedi. Ti concederò di baciare per un'ultima volta i miei stivali!
Jean si gettò a terra con le lacrime agli occhi. Baciava sua zia come un condannato a morte. Passava la lingua lungo il cuoio e reprimeva a stento i singhiozzi. Insomma, era al massimo della tensione. Lei, intanto, gemeva com'era solita fare. Con noncuranza.
- Ohoh... che fervore! Che passione! Ti concedo di salire un po' lungo la gamba. No! Non troppo. Ecco, così... e così... hum... ci sai fare, tu... Ora scendi lentamente. Stai fermo così. Ed ora, stando sempre in ginocchio, ti concedo di abbracciarmi. Su, non esitare!
- Io non so se...
- Ma come mi abbracci forte. E' strano che uno come te abbia timore del dolore!
- Io non son più sicuro di nulla...
- Non sei più sicuro eh?
- Non mi guardate cosí, Zia, Vi prego...
- Imbecille. Non sai mai niente, tu. D'ora in poi, sarò io a decidere per te!
Di colpo, la donna si svincolò dall'abbraccio ed alzò la frusta sul nipote.
- Tieni... tieni... tieni... idiota, cretino, stupido. Resta o vattene, per me é lo stesso! Ma finché starai qui, non meriti altro che di essere battuto come un cane!
Ad un tratto, Jean si ritrovò in strada. Aveva ancora nelle narici l'odore della donna. Nelle mani il suo corpo. In bocca il sapore. E, sulle natiche, le brucianti, davvero troppo brucianti striature della frusta.
E questa volta, davvero, non ci capiva più niente.
Povero Jean Louis, in quale atroce dilemma era precipitato nel fiore dei suoi anni. Che cosa avrebbe dovuto fare? Cedere ai capricci di sua zia, e così forse un giorno riuscire finalmente a possederla, oppure rinunciare a non vederla mai più? L'immagine di quello schiavo nudo, prostrato, senza più traccia di dignità alcuna, avrebbe popolato a lungo i suoi sogni. Dopo, però, tale orrenda memoria avrebbe lasciato luogo alla soave quanto crudele figura di sua zia. Tornando a casa, egli pensava a tutto ciò. Doveva forse prendere la più importante decisione della sua ancora breve esistenza.
Sarebbe o no, il giovedì seguente, ritornato in quella casa perversa?

Completamente nudo, Jean Louis era seduto ai piedi del divano dove Madame de Varennes stava riposando. Ella era bellissima: coperta da un leggero déshabillé di tulle nera, calzava i medesimi stivali di cuoio che Jean ben conosceva. Il ragazzo teneva la faccia premuta contro la gamba strettamente inguainata e percepiva l'acre profumo del cuoio. Gli occhi fissavano la bella dominatrice, le orecchie non perdevano una sola parola di ciò ch'ella diceva. Infine, il suo membro palpitava allo stesso ritmo che la donna dava alle frasi.
- Ora comprenderai, - diceva Madame de Varennes, - che é dal primo giorno che io dispongo di te come voglio! Tu venivi da me, facevi i tuoi piani, le tue misere fantasie, e non ti accorgevi di essere un burattino nelle mie mani. Tutto era previsto. Ad esempio, ad ogni visita io sapevo che tu saresti ritornato la settimana dopo. Avevo calcolato tutto. Anche le tue crisi di virtù, i tuoi ripensamenti... tutta opera mia! In tutta la nostra storia, nulla é mai stato casuale. Semplicemente, gli accadimenti si sono sviluppati come io volevo che essi si sviluppassero. E tu, per qualche giorni, avrai pensato di essere guarito, di non essere più innamorato di me. Dimmi la verità: non é forse vero ciò che dico?
Jean Louis pareva un cane bastonato.
- Oh, rischiavo mica niente, sai? Continuò la donna, - Ti ho dato tutto il tempo che hai voluto. Tanto, sapevo che un giorno o l'altro il segreto desiderio che c'è in te sarebbe affiorato alla luce del sole. Ed ora sei ritornato puntualmente alla mia porta!
- Oh, zia…
- Povero piccolo! Chissà quale confusione mentale si annidava nella tua testa. Ed io freddamente ti ho fatto umiliare, sculacciare, assistere ad una tortura ... ! Ed alla fine ti ho vinto! La prova? Eccola! Sei qui, innanzi a me, in ginocchio come uno schiavo!
La donna si fece all'improvviso seria.
- Hai avuto degli alti e dei bassi. E' naturale. Ma ciò che conta é che ora hai fatto la tua scelta definitiva. Definitiva!!!
- Oh, si.
Jean strinse fortemente le caviglie della donna e prese a leccarle gli stivali!
- Guarda!
La donna sollevò il leggero velo che la copriva e scoprì un seno. Evidentemente, adesso ch'era certa delle intenzioni del nipote, era decisa a fare a questi. delle concessioni più eccitanti.
- Accarezzalo, te lo permetto.
Era un seno perfetto, dalla punta bruna. Jean se ne impossessò e cominciò a baciarlo.

- Ed ora dimmi, sei disposto a farmi da schiavo in tutto e per tutto?
- Oh, sì!
- A sottometterti completamente alla mia volontà? -
- Oh. sì!
- Accetti di sacrificare il tuo orgoglio, di immolarlo ai miei capricci, di qualsiasi genere possano essere?
- Si.
- Ti confiderò un segreto. Ora che sei mio puoi saperlo. Sai perché ti ho teso questo tranello? Dimmi, lo immagineresti mai?
- Perché, zia? Suvvia, ditemelo
- Per vendetta!
- Per vendetta?
- Esattamente!
Jean era confuso.
- Ma io, - balbettò, - prima di conoscervi, e neppure dopo, non vi ho mai fatto nulla di male. L'unico mio torto é semmai di amarvi!
La donna scoppiò in una fragorosa risata.
- No. Tu, no. Ma la tua virtuosa famiglia sì! La detesto! Ma ora ho te! Ti possiedo e tu mi hai giurato eterna fedeltà! Povero Jean!
- Ma é mai possibile?
- Vedrai. Ma ora baciami. Baciami ancora!
Jean aveva il capezzolo duro in bocca. Sveltamente, lo circondò con la lingua e cominciò una lunga, estenuante, carezza.
- Più dolcemente. E non toccarmi. Solo con la bocca. Continua così. Quando io lo vorrò, mi mostrerò nuda del tutto. Allora tu scenderai con la bocca fino al mio sesso. Se ci saprai fare, forse, verrò a letto con te. Però sarai tu a metterti sotto di me! Io desidero che i miei schiavi si lascino possedere completamente. Non dimenticarlo. Ed ora, guardami... guarda come sono bella!
Velocemente, Madame de Varennes scostò il ragazzo e si scoprì del tutto.
- Oh, siete meravigliosa!
- La bocca qui, ora!
Jean si sentiva morire dall'emozione. Adagio, posò la bocca sul triangolo bruno, inebriandosene. La donna aprì le gambe e guidò lei stessa l'azione, a dire il vero un poco inesperta, dell'adolescente.
- La lingua, forza!
Egli leccò un po' le piccole labbra, poi si ritrasse.
- Ma che aspetti, stupido!
Dall'emozione, Jean sbatté maldestramente la faccia contro il candido ventre della femmina. Ella alzò inviperita e livida in viso.
- Idiota! Nemmeno la fica sai leccare! Sei grottesco ecco ciò che sei!
- Perdonatemi. E' la prima volta...
- La prima volta?
- Voi siete la prima donna a cui...
- Non mi dirai... - Madame era esterrefatta, - non mi dirai che sei ancora...
- Vergine, proprio così.
- Ah ah ah... oh oh... no... è troppo! Vergine! Uno vergine alla sua età!
Poi, improvvisamente, si fece seria. Madame de Varennes si alzò in tutta la sua imponenza ed indicò allo sventurato il divano.
- Coricati lì sopra, sul dorso, come ti ho appena spiegato. Svelto!
Jean obbedì e sua zia gli si coricò sopra, ma senza alcuna intenzione d'introdurre la verga nella propria fessura. Anzi. Cominciò a parlare con quel tono vellutato ed al contempo minaccioso che Jean ben conosceva.
- Povero idiota. Ora, tu crederai che voglia provvedere io stesso. Idiota. No, ti sbagli. Tua zia, non si sognerebbe mai di sprecarsi con un galoppino come te! Imbecille. Tu sei solo un povero schiavo!
Dopo di che, la donna lo schiaffeggiò violentemente. Jean aveva le lacrime agli occhi. Ma, incurante del suo dolore, già Madame si era alzata e stava componendo un numero telefonico.
- Pronto? C'è la Signorina Hartmann? Benissimo... si, Madame De Verennes. Attendo. -
Jean era pallido come un cencio.
- Alló Frieda? Sì sono io, buongiorno. Sei libera oggi? Diciamo subìto? Ah, una sorpresa che non dimenticherai. Bene, ti aspetto. -
- A chi avete telefonato?
Si preoccupò Jean. Ma già la zia aveva composto un secondo numero.
- Serge? Naturalmente che sono io! Vi attendo fra un'ora... Che me ne importa se avete una conferenza con il ministro? Rimandatela! Esigo la massima puntualità, d'accordo? Sapete la tariffa per ogni minuto di ritardo. Benissimo allora, au revoir.
Quando ebbe riagganciato, Jean le si gettò ai piedi implorante.
- Zia, che cosa volete farmi? Per amor di Dio, Vi prego, ditemi che...
- Io fare a te? Nulla, per oggi! Fra qualche minuto, forse, se verrà...
- Ma é un uomo?
- Dovresti parlare più rispettosamente del Corpo Diplomatico! Ma non aver paura. Non l'ho fatto venire per te. Semplicemente, visto che qui non ce ne sono, ho dovuto procurarmi un vero uomo per me!
- Per te!
Ma già Madame de Varennes aveva cessato di ascoltarlo. Dopo essersi alzata, ella si recò presso un armadio e ne levò fuori uno strano strumento. Consisteva in una specie di pera da infilare in bocca allo schiavo. Esternamente, non si sarebbe veduto il che il manico di una comunissima molletta da biancheria. Internamente, impediva al malcapitato di emettere anche il minimo suono.
- Ed ora qui, avvicinati.
Jean obbedì.
- Apri la bocca.
- Ma... io...
Tanto bastò perché Madame de Varennes spingesse l'aggeggio tra le fauci del povero ragazzo.
CLIC!
- Umf.. gr. umf...
- Ed ora, aspetteremo insieme che arrivi tua zia!
- Bf???
- Ah già, non puoi conoscerla, almeno per ora. E' una mia lontana cugina, e quindi anche tua zia. E' un po' più vecchia di me. Nove anni, per la precisione. Ma ciò non toglie che zia Frieda non apprezzi le belle gioie del sesso! Te ne renderai ben conto fra poco!
Spaventato da quel discorso, Jean tentava inutilmente di
liberarsi dal bavaglio.
- E' inutile che t'agiti, tanto non serve a nulla. Fra poco Frieda sarà qui e...
In quell'esatto istante, entrò una cameriera (Jean, voltato dall'altra parte, non ne poteva distinguere i lineamenti) ed annunciò una visitatrice.
- Prego, che s'accomodi!
Apparve una donna grassa, brutta, anziana e ridicolmente vestita. Era la controfigura in peggio di Madame de Varennes. E subito prese a girare intorno al ragazzo ed a sprizzare gioia da ogni poro.
- Cugina! Che sorpresa! Quando mi hai telefonato, io non avrei mai immaginato tanta grazia giovanile!
- Vedo che hai subito indovinato il motivo per cui ti ho chiesto di venire qui!
- Spero proprio che parli sul serio. Davvero intendi lasciarmi quest'uomo...
- Ma che uomo d'Egitto. E' un ragazzo, vergine per di più. Comunque, se ti piace, accomodati pure.
La donna non stava più nella pelle.
- Se hai bisogno di fruste... beh, sai dove trovarle. In quel cassetto in alto.
Disse ancora Madame de Varennes.
In quell'esatto istante, forse accorgendosi che le due donne gli offrivano contemporaneamente la schiena, Jean decise di tentare la fuga...
Si alzò...
Raggiunse la porta...
E la trovò chiusa a chiave!
Madame de Varennes lo squadrò severa.
- E così, - disse, - volevi lasciarci! Ma lo sai che non bisogna disobbedire. E sai pure che cosa accade quando si disobbedisce! -
Con destrezza a dir poco professionale, la donna lo aveva raggiunto e se lo era tirato appresso sul divano. Ora, lo teneva sulle ginocchia proprio come avrebbe potuto fare con un monello.
- Ti sculaccerò! - Disse.
Poi, fece una pausa.
- No! - si corresse, - ormai sei di Frieda, e sarà lei a punirti!
Jean non era ormai nulla di più che un oggetto, un oggetto che le due donne si scambiavano a seconda dei capricci. Subitaneamente, Madame de Varennes si alzò cedendolo all'amica. Jean sentì una mano guantata appoggiarsi sulle natiche. E se ne vergognò.
- Umf... br... nn! -
CIAC!!!
CIAC!!!
CIAC!!!
Dapprima lentamente, poi sempre più forte, Frieda prese a sculacciarlo. Alla fine, le natiche di Jean erano di un rosso vivo... E la verga... Di nuovo diritta ed eccitata pronta all'uso.
- Sarà pur vergine, - disse zia Frieda, - ma il suo sesso é quello di un uomo adulto.
- Te lo ripeto, - ribatté pronta de Varennes, - se lo vuoi, é tuo. Fanne pure tutto ciò che vuoi. Io ti aiuterò solo nel caso ch'egli dovesse rinnovare i suoi stupidi tentativi di ribellione.
Senza attendere oltre, zia Frieda si levò la gonna e le mutandine. Jean ne osservò sgomento il sesso come era diverso da quello di Madame de Varennes. Come era diverso da ciò ch'egli aveva sempre sognato.
Aiutata dall'amica, Frieda costrinse il giovane a sdraiarsi sul divano. Poi, gli sali sopra a cavalcioni. Sorrise, con gli occhi brillanti di piacere.

- Sarai mio. E di ciò sarò sempre grata alla bontà infinita di tua zia.

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