sabato 2 febbraio 2008

Dottore sono malato?


Le Parafilie: valutazione diagnostica
"perversioni sessuali": diagnosi dei disturbi del comportamento sessuale

L’influenza del contesto socio-culturale è piuttosto evidente quando si trattano “patologie” come le parafilie. «Parafilia» è l’attuale termine scientifico per definire l’insieme di quelle condotte sessuali più note con i nomi di “perversioni” o “deviazioni sessuali”.
Se adottassimo uno di questi ultimi nomenclatori ci troveremmo immediatamente immersi in un contesto “giudicante” che è esattamente l’opposto di ciò che avviene nel setting psicologico clinico.
Affrontare un discorso generale sulle parafilie senza suscitare anche un pur minimo imbarazzo o prese di posizione nette sull’argomento, è compito senza dubbio arduo se non impossibile. Questo perché, nonostante le numerose “rivoluzioni” sessuali, la sessualità rimane uno dei più importanti “modellatori” della personalità, dell’identità e della vita sociale di ogni individuo.
Se al tempo di Sigmund Freud, in un contesto sociale in cui la sessualità non risultava essere argomento di discussione, poteva avere un senso parlare di perversioni definendole come «quelle attività sessuali finalizzate su regioni del corpo non genitali», oggi, in seguito a quei cambiamenti sociali messi in moto proprio dal movimento psicoanalitico, in seguito alla nascita della sessuologia clinica e quindi alle ricerche sulla sessualità, una simile “diagnosi” rischierebbe di valutare come “patologiche” le condotte sessuali della quasi totalità della popolazione mondiale.
Tutti gli individui cosiddetti normali hanno delle fantasie e mettono in atto delle pratiche sessuali che potrebbero apparentemente sembrare “perverse” ovvero ognuno di noi conserva un nucleo che possiamo anche definire “perverso” che si integra in un processo di personalità e di comportamento che risulta comunque normale.
La linea tra normalità e patologia nella sessualità è sempre legata ad aspetti quali la non esclusività, la non compulsione del comportamento e, ricordiamo, soprattutto al consenso reale dei partner sessuali.
Parliamo infatti di “normalità” delle condotte sessuali quando tale comportamento si svolge innanzitutto tra soggetti realmente consenzienti e non reca disagio, sofferenza o problemi legali (nella cultura di riferimento) a nessuno dei partecipanti all’attività e non rappresenta una condotta esclusiva svolta come una compulsione e non interferisce con lo svolgimento delle attività lavorativa e/o sociale.
Allo stesso modo definiamo il comportamento sessuale “patologico” quando causa anche ad uno soltanto dei partecipanti all’attività, disagio, sofferenza, interferenze con le attività lavorative e/o sociali, quando si compie come una compulsione, quando reca danni, quando causa problemi legali.


Offerte queste definizioni generali circa la “normalità” e la “patologia” del comportamento sessuale proponiamo ora la nosografia attuale delle parafilie, con riferimento al manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV, 1994).
Va tenuto presente che tali definizioni risentono dell’influenza della nostra cultura e pertanto, possiamo immaginare, potrebbero subire variazioni nel corso del tempo o non applicarsi a culture completamente diverse. Ciò non toglie che attualmente tali condotte siano considerate “patologiche” in quanto ogni forma di disagio si inscrive sempre all’interno di uno specifico contesto sociale.
Quando ad esempio il “pedofilo” cerca di giustificare la propria condotta parafiliaca portando come esempio altre culture o società antiche, “dimentica” che egli vive in un contesto diverso da quelli che porta come prova che la sua condotta sia da definire “normale”. La negazione di vivere all’interno di un contesto socio-culturale che non sia in grado di giustificare un certo tipo di comportamento tanto da definirlo “patologico” è probabilmente un processo difensivo che va utilizzato nella valutazione diagnostica di tali pazienti.

Le parafilie classificate dal DSM-IV (1994) sono le seguenti:

Esibizionismo. Esposizione dei propri genitali ad un estraneo che non se l’aspetta.

Feticismo. Uso di oggetti inanimati che non siano limitati a strumenti, come il vibratore, progettati per la stimolazione tattile dei genitali.

Frotteurismo. Toccare e strofinarsi contro una persona non consenziente.

Pedofilia. Attività sessuale con uno o più bambini prepuberi (generalmente di 13 anni o più piccoli). Il soggetto “pedofilo” deve avere almeno 16 anni ed essere di almeno 5 anni maggiore del bambino o dei bambini con cui ha attività sessuali. Non viene incluso il soggetto tardo-adolescente coinvolto in una relazione sessuale perdurante con un soggetto di 12-13 anni.

Masochismo Sessuale. Atto (reale, non simulato) di essere umiliati, picchiati, legati o fatti soffrire in qualche altro modo.

Sadismo Sessuale. Azioni (reali, non simulate) in cui la sofferenza psicologica o fisica (inclusa l’umiliazione) della vittima è sessualmente eccitante per il soggetto.

Feticismo da Travestitismo. Il travestimento di un maschio eterosessuale.

Voyeurismo. Atto di osservare un soggetto che non se lo aspetta mentre è nudo, si spoglia, o è impegnato in attività sessuali.

Parafilia Non Altrimenti Specificata (NAS). Questa categoria diagnostica viene inclusa per codificare quelle parafilie che non soddisfano i criteri per nessuna delle precedenti. Gli esempi includono, ma non si limitano a:

Scatologia telefonica. Telefonate oscene

Necrofilia. Attrazione sessuale per i cadaveri

Parzialismo. Attenzione esclusiva per una parte del corpo.

Zoofilia. Attrazione sessuale per gli animali.

Coprofilia. Uso delle feci per l’eccitazione sessuale.

Urofilia. Uso delle urine per l’eccitazione sessuale.

Clismafilia. Uso dei Clisteri per l’eccitazione sessuale.

Va ricordato che ogni parafilia deve durare per almeno sei mesi ed essere presenti fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti, e intensamente eccitanti sessualmente che comportino le azioni di cui sopra.
Ogni “condotta sessuale” per essere definita parafiliaca ha necessità di causare disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento.


Il Trattamento. Il trattamento delle parafilie è piuttosto complesso, soprattutto quando il paziente ha già messo in atto processi difensivi in grado di far negare che il comportamento sia patologico. Occorre sempre un’attenta valutazione diagnostico-differenziale soprattutto per escludere altre forme psicopatologiche come ritardo mentale, disturbi gravi di personalità (in particolare il disturbo borderline) e altre patologie. Una volta valutato il funzionamento globale del paziente sarà possibile orientare verso la forma di intervento, quasi sempre piuttosto lunga e tortuosa, adatta per ogni specifico caso.
Dott. Marco Baranello

Baranello, M. (2003)
Le Parafilie: valutazione diagnostica.
SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org).
Roma, 20 luglio 2003.

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