mercoledì 6 dicembre 2017
Il Cliente e la Prostituzione
tratto da http://www.amicidilazzaro.it/index.php/il-cliente-origine-e-causa-della-prostituzione/ di Armando Buonaiuto
Le motivazioni
Ovviamente li spinge la ricerca di sesso, ma c’è una varietà di sfumature che definisce in modo più articolato le possibili spinte:
– rassicurazione alla propria virilità. A volte questo conferisce al commercio sessuale una sorta di funzione “terapeutica” (per categorie deboli, vedi il caso dei disabili), a volte è una via preferenziale di iniziazione al sesso, perché non ti espone alla paura di sbagliare o di essere giudicato non all’altezza.
– soddisfazione immediata di un bisogno biologico, che rivela una concezione egoistica del piacere.
– curiosità e desiderio di nuove esperienze, vale a dire ricerca di diversità, sia etnica (come avviene ad esempio nei riguardi delle donne africane), che sessuale (come nel caso dei rapporti con transessuali).
– dimostrazione ed esercizio di un potere sessuale ed economico, e affermazione della propria supremazia maschile di fronte ad un oggetto sessuale degradato e vulnerabile.
– la compulsione, cioè l’essere vittime della propria incapacità di gestire le proprie inclinazioni, i propri appetiti.
– il bisogno di ascolto. Alcuni sono spinti dalla ricerca di ascolto, di coccole, a volte addirittura dalla ricerca di amore.
– altri, al contrario, sono spinti dal desiderio di una pratica sessuale che sia esplicitamente priva di qualsiasi coinvolgimento emotivo o affettivo (cosa che, per alcuni clienti sposati, non equivale a infedeltà).
– i giustizieri. Generalmente in gruppo, vogliono punire le prostitute per il giudizio moralistico che hanno su di loro.
(...) In generale, la concezione della femminilità di cui i clienti sono lo specchio è molto bassa: si cercano donne remissive e accondiscendenti, oggetti e non essere umani, sfogatoi per le proprie pulsioni e frustrazioni o, nella peggiore delle ipotesi, bersagli di una violenza che esprime la connessione oggi molto accentuata tra sessualità, potere e mercificazione.
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Rudolf Schlichter, 1930
Rudolf Schlichter (1890-1955) - come Hermann Hesse - nacque a Calw, una piccola citta' in Württemberg. Lasciò presto la scuola e iniziò un apprendistato come pittore in una fabbrica di Pforzheim. La seguente diceria di Schlichter che, da ragazzo di dodici anni, iniziò a lavorare come garzone in un Grand Hotel mettendo insieme un'entusiasmante collezione di tacchi alti rubati, fu probabilmente inventata. Dal 1906 al 1909 frequenta la Scuola di Arti e Mestieri di Stoccarda e successivamente studia con Hans Thoma e Wilhelm Trübner alla Art Academy di Karlsruhe.
Chiamato per il servizio militare durante la prima guerra mondiale, Schlichter fece lo sciopero della fame per ottenere il congedo anticipato, e nel 1919 si trasferì a Berlino, dove si unì al KPD (Partito comunista tedesco) e al gruppo di novembre.
Schlichter ha partecipato alla prima fiera Dada di Berlino nel 1920 dove ha esposto - insieme a John Heartfield - l'opera dell'Arcangelo Prussiano, un ufficiale militare dalla testa di porco sospeso dal soffitto. Ha anche lavorato come illustratore per diversi periodici, in particolare Arbeiter Illustrierte Zeitung (AIZ), Die Rote Fahne ed Eulenspiegel. L'arte divenne l'arma di Schlichter nella lotta politica contro l'alta societa' e il militarismo. I suoi soggetti preferiti erano rappresentazioni della città, scene di strada, sottocultura della bohème intellettuale e del mondo sotterraneo, ritratti e scene erotiche.
Nel 1922, un gruppo di artisti - Otto Dix, Conrad Felixmüller, Rudolf Schlichter, Carlo Mense, Carl Hofer, Georg Schrimpf e Heinrich Maria Davringhausen - derisero il gruppo di novembre per essersi depoliticizzati e successivamente fondarono un movimento artistico per essere poi nominati Neue Sachlichkeit o nuova oggettività. Il loro lavoro, che fu poi condannato dai nazisti come "degenerato", fu intenso, angoloso e nervoso. Nel 1924, con John Heartfield e George Grosz, Schlichter creò il Rote Gruppe (il gruppo rosso). Schlichter era considerato a quel tempo uno dei membri più importanti della Neue Sachlichkeit; Bert Brecht, Alfred Döblin, Oskar Maria Graf, Erich Kästner, Carl Zuckmeier ed Egon Erwin Kisch erano tra i suoi amici. Nel 1925 Schlichter partecipò alla mostra Neue Sachlichkeit alla Mannheim Kunsthalle (esattamente dove fu coniata la nozione di Neue Sachlichkeit). Il lavoro di Schlichter di questo periodo è stato realistico, un buon esempio sono i suoi ritratti di Karola Neher, Bertold Brecht e Margot, ora nel Museo Märkisches di Berlino. Quest'ultima rappresenta una prostituta che spesso ha posatato per Schlichter, in piedi su una strada deserta e con una sigaretta in mano. Nel 1927, Schlichter fece amicizia con Elfriede Elisabeth Koehler, chiamata Speedy, una cocotte di Ginevra, che condivideva l'interesse di Schlichter per stivali abbottonati, schiavitù e giochi sadomaso. Schlichter allora abbandonò il movimento operaio e si associò a intellettuali conservatori come Ernst Jünger e Karl Kraus ("Non c'è più sfortunata creatura sotto il sole di un feticista che anela alla scarpa di una donna e deve accontentarsi di tutta la donna"). Presto e si è riunito nuovamente alla chiesa cattolica. Una strana mossa, ma Schlichter si sentiva masochista riguardo al suo masochismo e voleva confessare, mentre Speedy si accontentava di ufficializzare in qualche modo la sua nuova vita.
All'inizio degli anni Trenta Schlichter scrisse la sua autobiografia in due volumi: Das widerspenstige Fleisch (The Rebellious Flesh) e Tönerne Flüsse (Clay Rivers); quest'ultimo è stato immediatamente messo all'indice dal nuovo governo nazista a causa delle sue "tendenze erotiche-perverse". Nel 1932 la coppia Schlichter lasciò Berlino e si stabilì a Rottenburg (una piccola città vicino a Stoccarda). Tre anni dopo, fu espulso dall'Associazione degli scrittori tedeschi del Reich e trascorse un paio di mesi in prigione con l'accusa di favoreggiamento (Speedy aveva integrato le entrate familiari ricevendo i clienti paganti nel loro appartamento privato).
Nel 1937 molte delle opere di Schlichter furono mostrate nella famigerata Degenerate Art Exhibition, e nel 1939 il potere cieco delle autorità naziste lo bandì dall'esporre. Il suo studio fu distrutto dalle bombe alleate nel 1942. Un anno dopo la guerra, nel 1946, Schlichter partecipò al primo Deutsche Kunstausstellung di Dresda con alcuni dei suoi ultimi lavori surrealisti. Ha spiegato il suo turno al Surrealismo nel suo testo "Das Abenteuer der Kunst" (L'avventura dell'arte), che è stato pubblicato dalla Rowohlt Verlag nel 1949. Rudolf Schlichter morì a Monaco il 3 maggio 1955. http://weimarart.blogspot.it/2010/07/rudolf-schlichter.html
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La riscossa della merda
Julia Kristeva:
L’uomo e il suo sistema simbolico si costituiscono attraverso la costruzione di barriere tra l’osceno ( la sozzura) , escrementi, sangue, saliva, i quali , limitati da una ben definita linea di demarcazione dopo l’espulsione, sono destinati a non essere toccati o maneggiati ( se non , appunto, con disgusto), pena l’ammenda.
‘Non giocare con i tuoi escrementi’ è l’imperativo categorico che tutti noi abbiamo subito e dispensiamo ai nostri figli. Ciò che determina il lordo, l’immondo, è appunto il pulito, il lindo, il lecito. Che può definirsi come tale solo grazie all’esistenza del suo contraltare.
E viceversa. Tra i due sistemi non ci sarà mai comunicazione se non in casi, appunto, di perversione.
www.psychiatryonline.it/node/5768
(...) Elias Canetti, nel suo straordinario Massa e potere (capitolo Afferrare e incorporare): "Anche prescindendo dal potente che sa concentrare tanto delle sue mani, il rapporto di ogni uomo con i suoi escrementi rientra nella sfera del potere. Nulla è appartenuto a un uomo più di ciò che si è trasformato in escremento. La pressione costante cui la preda divenuta cibo è sottoposta durante il suo peregrinare nel corpo, la sua dissoluzione, l'intimo vincolo che si stabilisce fra essa e chi la digerisce, la sparizione completa e definitiva dapprima di tutte le funzioni e poi di tutte le forme della sua precedente esistenza autonoma , la sua identificazione o assimilazione al corpo di chi la digerisce - tutto ciò rivela perfettamente il fondamentale, ma anche il più nascosto, meccanismo del potere. [...] Gli escrementi, che rimangono al termine del processo, sono carichi del nostro reato. Da essi si può capire che cosa abbiamo ucciso. Sono una concentrata raccolta di indizi contro di noi. [...] E' significativo che ci si isoli con essi. Ci si libera dei propri in locali particolari, che servono solo a ciò. [...] E' evidente che ci si vergogna dei propri. Essi sono il suggello primordiale di quel processo di potere della digestione, che si compie in segreto e che senza tale suggello rimane segreto". Groddeck in Il libro dell’Es scrive che ci si pulisce con cura, ci si lava appena possibile dopo ogni evacuazione, senza pensare che in ogni momento il nostro ventre è ripieno di quella sostanza disgustosa, chiama l’uomo “latrina ambulante” e gli dice in faccia che quanto più manifesta disgusto per gli escrementi tanto più considera sporca la propria anima.
La riscossa dell'escremento
www.psychiatryonline.it/node/5768
(...) Elias Canetti, nel suo straordinario Massa e potere (capitolo Afferrare e incorporare): "Anche prescindendo dal potente che sa concentrare tanto delle sue mani, il rapporto di ogni uomo con i suoi escrementi rientra nella sfera del potere. Nulla è appartenuto a un uomo più di ciò che si è trasformato in escremento. La pressione costante cui la preda divenuta cibo è sottoposta durante il suo peregrinare nel corpo, la sua dissoluzione, l'intimo vincolo che si stabilisce fra essa e chi la digerisce, la sparizione completa e definitiva dapprima di tutte le funzioni e poi di tutte le forme della sua precedente esistenza autonoma , la sua identificazione o assimilazione al corpo di chi la digerisce - tutto ciò rivela perfettamente il fondamentale, ma anche il più nascosto, meccanismo del potere. [...] Gli escrementi, che rimangono al termine del processo, sono carichi del nostro reato. Da essi si può capire che cosa abbiamo ucciso. Sono una concentrata raccolta di indizi contro di noi. [...] E' significativo che ci si isoli con essi. Ci si libera dei propri in locali particolari, che servono solo a ciò. [...] E' evidente che ci si vergogna dei propri. Essi sono il suggello primordiale di quel processo di potere della digestione, che si compie in segreto e che senza tale suggello rimane segreto". Groddeck in Il libro dell’Es scrive che ci si pulisce con cura, ci si lava appena possibile dopo ogni evacuazione, senza pensare che in ogni momento il nostro ventre è ripieno di quella sostanza disgustosa, chiama l’uomo “latrina ambulante” e gli dice in faccia che quanto più manifesta disgusto per gli escrementi tanto più considera sporca la propria anima.
La riscossa dell'escremento
sabato 10 giugno 2017
Lezione del 3 febbraio 1971
Lezioni sulla volonta' di sapere
Corso al College de France (1970-1971)
di Michel Foucault
Lezione del 3 febbraio 1971 --------------------------- Masochismo: il masochista non e' chi trova il suo piacere nella sofferenza. E' forse piuttosto colui che accetta la prova della verita' e vi sottomette il suo piacere: Se sopporto fino in fondo la prova della verita', se sopporto fino in fondo la prova alla quale mi sottoponi, allora io prevarro' sul tuo discorso e la mia affermazione sara' piu' forte della tua. Lo squilibrio tra il masochista e il suo partner attiene a questo, cioe' che il partner pone la domanda in termini apofantici: Dimmi qual'e' il tuo piacere, mostramelo; spiegamelo attraverso la griglia di domande che ti pongo, permettimi di constatarlo. Uso del paradosso. E il masochista risponde in termini ordalici: Io sopportero' sempre di piu' di quello che tu puoi fare. E il mio piacere e' in questo eccesso, sempre rinviato, mai soddisfatto. Esso non e' in cio' che fai, ma in quest'ombra vuota che ciascuno dei tuoi gesti gli proietta davanti. Alla domanda apofantica del suo partner il masochista non replica con una risposta, ma con una sfida ordalica; o meglio, percepisce una sfida ordalica e vi risponde: Al confine di cio' che puoi immaginare che io sia, io affermo il mio piacere.
Corso al College de France (1970-1971)
di Michel Foucault
Lezione del 3 febbraio 1971 --------------------------- Masochismo: il masochista non e' chi trova il suo piacere nella sofferenza. E' forse piuttosto colui che accetta la prova della verita' e vi sottomette il suo piacere: Se sopporto fino in fondo la prova della verita', se sopporto fino in fondo la prova alla quale mi sottoponi, allora io prevarro' sul tuo discorso e la mia affermazione sara' piu' forte della tua. Lo squilibrio tra il masochista e il suo partner attiene a questo, cioe' che il partner pone la domanda in termini apofantici: Dimmi qual'e' il tuo piacere, mostramelo; spiegamelo attraverso la griglia di domande che ti pongo, permettimi di constatarlo. Uso del paradosso. E il masochista risponde in termini ordalici: Io sopportero' sempre di piu' di quello che tu puoi fare. E il mio piacere e' in questo eccesso, sempre rinviato, mai soddisfatto. Esso non e' in cio' che fai, ma in quest'ombra vuota che ciascuno dei tuoi gesti gli proietta davanti. Alla domanda apofantica del suo partner il masochista non replica con una risposta, ma con una sfida ordalica; o meglio, percepisce una sfida ordalica e vi risponde: Al confine di cio' che puoi immaginare che io sia, io affermo il mio piacere.
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